lunedì 9 settembre 2013

nella buona e nella cattiva sorte


Non per essere a tutti i costi sgradevoli e pretestuosamente cinici, ma diciamolo, non è affatto facile partecipare ad una cerimonia nuziale senza subire le spesso gravi, meno spesso ma non insolitamente letali conseguenze che da essa scaturiscono.
Via dal viso quell’espressione di ipocrita stupore misto a pietoso sdegno! siamo sinceri: chi è l’aspirante suicida in grado di accogliere con gioia e, che il cielo ne abbia pietà!, persino commozione quel mix letale di furori bacchici e deliri psicotici che accompagnano, come stucchevole melodia, l’intera durata dei solenni sponsali?


Per essere onesti, non che cou.cou.ja sia del tutto immune dalla patologia cronica e incurabile comunemente nota come cuore. Faccia ammenda e rammenti, la suddetta cou.cou.ja, il gioioso turbamento con il quale la sua iride accolse l’immagine di Monsieur le gran souris, prossimo suo sposo, in attesa, bello al pari di un dio greco e forse più, della sua epifania. Confessi, la suddetta cou.cou.ja, lo stato di grazia che tuttora il solo ricordo riversa a secchiate sui sensi intorpiditi. E osi, se solo ne ha il coraggio, negare alla memoria della summenzionata contingenza il prodursi dell’insulso fenomeno dai più conosciuto come scampanellio accompagnato da  horresco referens  farfalle nello stomaco.
Il punto dolente della faccenda, tuttavia, è di altra natura: chi, pur dotato di granitico muscolo cardiaco, ardisce far tanto di spallucce alla dichiarazione di un (proposito di) amore sempiterno?
Ma perché coinvolgere parenti, amici, conoscenti e non di frequente semplici estranei in cerimonie che sanno di riti di iniziazione?
Perché festeggiare l’andata a segno della freccia del fanciullo paffutello con pranzi interminabili che, con un susseguirsi estenuante e sfinente di portate, accompagnano gli invitati fino al momento della cena, quando il reiterato invito a sedersi alla tavola abbandonata giusto qualche attimo prima provoca involontarie e spasmodiche contrazioni muscolari quando non veri e propri svenimenti?
Quale relazione lega la letizia infinita di due cuori che battono all’unisono con lo snodarsi ignominioso di una sequela di invitati che, sostenuti da un tasso alcolico di tutto rispetto, abbandonano la mensa e, cinte le terga del compagno antistante con una delle due mani (essendo più spesso l’altra impegnata a sostenere il bicchiere riempito a metà di nettare divino o ad agitare in allegri sventolamenti il tovagliolo del vicino), ritengono doveroso inneggiare al trionfo di Cupido con un “Bri-git-te Bar-dot Bar-dot” cadenzato da incerti passi di danza?
E, giusto a semplificare un elenco senza fine, perché, chiede incredula e sofferente cou.cou.ja, perché rinforzare la metafora del cristallino amore con l’ambivalente (ché il peccato mortale non si ascrive solo alla coscienza degli invitati ma anche a quella non di certo adamantina degli sposi) offerta in dono di pregiate statuette raffiguranti vezzose pastorelle che rifulgono alla luce in iridescenti splendori?


Onore dunque al merito di chi un sentimento vero non lo grida, ma lo sussurra.



Una fodera destinata a ricoprire un ampio guanciale o, attraverso un semplice gioco di agganci, un pretenzioso quadro tessile vale a festeggiare, con ardito sincretismo culturale a botte di nuraghi e costumi locali, un legame senza confini.




quadro tessile  decoro dipinto con appliqué
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