lunedì 18 gennaio 2016

cou.cou.malì: storia di una capsule collection


Malilla è una giovane maker dell’entroterra di un’isola bella e soleggiata.
Cou.cou.ja è una maker un pelino più stagionata dell’entroterra di un’isola bella, soleggiata tanto, tanto ventosa.


Malilla è una fanciulla aggraziata ed equilibrata.
Cou.cou.ja è una (attempata) fanciulla goffa, capace di cadere rovinosamente senza muovere un passo.


Malilla ama le linee semplici ed essenziali.
Cou.cou.ja ama le linee semplici, ma anche quelle complesse, essenziali, ma anche elaborate.

Malilla è black and white e, alle volte sì alle volte no, un tocco di rosso, giusto quel tanto che serve per sorprenderti e non farti mai, proprio mai, abbassare la guardia.
cou.cou.ja è black and white. E rosso. E giallo, e verde, e arancio, e fluo, e righe, e pois, e quadri, e tinte pastello, e...


Malilla è l’infiorescenza della carota selvatica, così silvestre e così delicata, ora distesa verso il cielo a godere del sole che scalda e della pioggia che rinfresca, ora chiusa a palla a beffarsi del vento che soffia, del temporale che imperversa. Malilla è i petali bianco-rosati dei suoi fiori di cui, leggenda vuole, le belle dame della corte inglese di Giacomo I ornavano i loro capi gentili.


Cou.cou.ja, i suoi, di capelli, troppo corti per rivelare l’innata tendenza al crespo e l’indefinito cromatismo, non li orna affatto e non conosce la differenza tra un cactus e una margherita (“carrot flower? ah, sì, il papavero, vero?!”).


Malilla ama cucire.
Cou.cou.ja ama cucire.
Malilla ama le differenze.
Cou.cou.ja ama le differenze.

cou.cou.malì: ecco come nasce una capsule collection.


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