Cou.cou.ja
non è certo tipo da frase ad effetto, battuta sferzante, espressione secca e
risolutiva che porta l’interlocutore a rispondere unicamente con una neanche
troppo silenziosa deglutizione. Oddio, non che non riesca a trovare la giusta
parola, l’“uno a zero per me – partita chiusa”.
È
solo una questione di tempi.
Anni
e anni di misurazioni condotte sul campo hanno fissato a una media di 6/12 ore
l’intervallo cronologico necessario affinché la complessa meccanica cerebrale
di cou.cou.ja cominci a marciare a pieno regime e, oliata quanto serve, riesca
a portare a termine con risultati accettabili il tormentato processo di
produzione che le compete.
Chi
non ricorda il Buon Suggeritore di Amelie, che, nascosto nella buca del teatro,
valeva a fornire la risposta in grado di tacitare perfino l’oratore più
irriverente e spocchioso?
Orbene,
nella vita di cou.cou.ja il Buon Suggeritore è certo presente; il punto dolente
della questione è che egli arriva quando il sipario è stato calato da un pezzo
e le porte del teatro sono state chiuse a doppio giro di chiave.
Senza
contare che, oltre che di tempi, spesso è anche questione di modi e, ciò che in
fondo è lo stesso, di quantità.
Cou.cou.ja,
cui non si può di certo ascrivere il dono della sintesi, di rado è in grado di
esprimere il proprio sentire con un numero di vocaboli pari a quello che
statisticamente viene recepito dall’intelletto dell’uomo comune. Così di
frequente accade che la verbosità delle sue argomentazioni remi contro l’efficacia
del concetto e, quasi che sia capace di invertire l’ordine degli elementi del
discorso, produca un effetto diametralmente opposto alle intenzioni. Alle volte
però succede pure che, quanto più la sua mente si perde nei gorghi della
retorica, tanto più il Caso, cinto del mantello di un modesto ma tanto
provvidenziale super-eroe, plani dall’alto sul sentiero battuto dai passi di
cou.cou.ja e…
Eccola
qua, appena accennata, come bisbigliata tra le carte luccicanti di uno snack e
il pet colorato di altrettanto policromatiche bevande occhieggianti
dall’ingresso della biblioteca comunale: la frase ad effetto, la voce di uno
stanco disinganno, la sintesi di uno stato d’animo che, dopo lungo tempo, ha il
sapore del risveglio.
E
piace a cou.cou.ja che l’umore più della notte buio parli la lingua di sua
mamma e della mamma di sua mamma, perché è la stessa lingua dei rimproveri più
feroci e delle tenerezze più dolci della sua infanzia e, qui e ora, delle
sincere e convinte proteste popolari.
Non
si dica tuttavia che l’umor nero di cou.cou.ja tradisce gli intendimenti di
queste pagine, perché, mementote, anche il nero è colore. E che colore!
Miséru
s’anzone chi isettat latte dae su mariane
Infelice
quell’agnello che si aspetta di ricevere latte dalla volpe
jupe tablier asimmetrica in
gabardine di cotone – decoro a ricamo in punto indietro con appliqué (disegni di Veska Abad) – patron Natsuno Hiraiwa
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