Cou.cou.ja
è una mamma.
Quanto
al genere di genitrice cui ella appartiene, dopo attenta valutazione e
argomentazioni varie, è fuor di dubbio che non la si possa ascrivere al tipo
“madre-apprensiva-ansiosa-iperprotettiva”: niente di più lontano dalla sua
indole e dal suo naturale sentire.
Perché,
in effetti, il tipo testé descritto corrisponde al livello 1 di un sistema di
riferimento all’interno del quale cou.cou.ja si colloca con baldanzosa fierezza
al livello 1000.
Tralasciamo
qui il contesto sanitario – sarebbe come sparare alla croce rossa, è il caso di
dire –, nel quale cou.cou.ja, a suo agio assai più che su una comoda poltrona
con seduta e schienale imbottiti di piume d’oca, dà il meglio di sé subissando
il misero pargolo, al solo sentire un innocente e neanche troppo convinto
etciù, di ripetuti e snervanti interrogativi tesi ad appurare una condizione di
salute certamente (e come potrebbe essere altrimenti?) risolvibile con un
pronto e tempestivo ricovero ospedaliero, tanto da costringere la sventurata
creatura a negare con forza l’evidenza dello starnuto occultandola
sapientemente sotto il manto artificioso del “colpo di tosse” (tosse? TOSSE?
peggio, stellina mia, peggio; vestiti, su, ché andiamo dal dottore, non
possiamo proprio andare avanti così).
Addentriamoci
meglio nel dominio comportamentale.
No,
no, non citiamo l’orrore espresso a discapito di qualsiasi attività motoria che
ardisca spingersi al di là la semplice – e pacata – camminata. Regrediamo. Oltre
il principio della deambulazione, anticipato da un incerto gattonamento
contrappuntato di frequenti culate cui la madre previdente intendeva ovviare
con l’acquisto, e uso s’intende, di un apposito casco di protezione che
l’infante avrebbe dovuto tenere giusto il tempo riservato quotidianemente alla
locomozione, e cioè a dire l’intera giornata (ma per dormire glielo tolgo,
eh!). Oltre le incertezze che hanno costellato la lallazione, sospetta a dire
della arguta genitrice cui ora spetta l’obbligo del contrappasso pagato con
ore, dico ore, di chiacchiera ininterrotta. Fino alle incertezze gravidiche
causate da un eccessivo (questo continuo su e giù lo farà ingarbugliare attorno
al cordone ombelicale e ne causerà lo strozzamento, lo so) o ridotto (non si muove!
non si muove? perché non si muove? muoviti!) movimento fetale.
Eppure
solo recentemente l’espressione somma e antonomastica, la suprema sineddoche
del “tipo” ha preso vita.
Un
malriuscito salto che, secondo le intenzioni di Toporagno, avrebbe dovuto di
lui fare il novello Patrick de
Gayardon, compromesso forse dall’effettiva indisponibilità della tuta alare,
forse da un più banale errato calcolo delle distanze non disgiunto
dall’ardimentosa ambiziosità del progetto, ha fatto franare la giovane promessa
del paracadutismo prima a terra e, di riflesso, sul bordo acuto di una fioriera
in pietra. La conseguente lacerazione del cuoio capelluto e relativo
spargimento di sangue hanno imposto un immediato trasferimento in ospedale dove
madre-coraggio ha dato prova del suo proverbiale autocontrollo collocandosi ad
un passo dalla perdita dei sensi al solo udire l’immondo vocabolo “sutura”. Ciò
che ha causato la traslazione presso i locali del pronto soccorso nel rispetto
della seguente formazione: precedono eroico padre e basito marmocchio
saldamente avvinghiato alle braccia del suddetto, seguono, quasi prossima al
decesso, madre, vilmente assisa su sedia a rotelle, e infermiera,
temporaneamente addetta al di lei trasporto.
Vien
da sé che le condizioni di cou.cou.ja la sera del tragico evento, a distanza di
qualche ora dalla sciagura, non fossero esattamente paragonabili a quelle di un
abitué dei resort a cinque stelle.
Occorreva
una terapia d’urto, un rimedio che fosse ancor più efficace delle 50 gocce di
estratto di valeriana/passiflora/biancospino tracannate con la stessa avidità
con cui l’assetato del deserto beve il suo orcio d’acqua.
La
couture thérapie ha fatto miracoli: un’essenziale e forse anche un po’ banale
t-shirt di cotone, una modesta rielaborazione di alcune illustrazioni di un
artista sapiente, qualche quadrato di tessuto colorato, il lirismo struggente
di un poeta locale e il gioco è fatto: il cadeau per Super-Mom è pronto.
Con
buona pace per le ore di sonno perso e di serenità riconquistata.
…
sa luna in mesu chelu tunda / andaiat serèna vagabunda / che femmina chi
chircat un’amigu (Antioco Casula – Montanaru)
…
la luna rotonda in mezzo al cielo andava serena vagabonda come una donna alla
ricerca di un amante (trad. Duilio Caocci)
T-shirt cotone bianco – costumisation (disegno appliqué: Antonello Cuccu)
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