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mercoledì 4 settembre 2013

col cipiglio ci si piglia

 

Non è intenzionale.
Non è frutto di un’esasperata ed esasperante acidità di stomaco.
Non è originato da una marcescente mistura di sdegno e rammarico che pervade costantemente le viscere.
Vivaddio, la quotidianità regala tanti e tali motivi per distendere i lineamenti del volto in morbide curve appena increspate da qualche gratificante sorriso! Eppure, vuoi che sia una iattura congenita, vuoi che sia la conseguenza del drammatico indebolimento delle percentuali di acido ialuronico  indizio impietoso di una non più verdissima età , fin dal suo primo bu-bu-settete balbettato sul limitare di questa confusa ruota panoramica che i più banali si ostinano a chiamare vita, cou.cou.ja ha sempre mostrato sul suo volto un orgoglioso e impavido cipiglio.


Il lato più bizzarro di quella che altrimenti apparirebbe un’indicazione valida unicamente a compilare il campo “segni particolari” su un comune e poco stimolante documento d’identità è che il più sopra menzionato cipiglio è comparso, e continua a comparire, in circostanze del tutto aliene dai contesti che solitamente fanno da madre e padre al suddetto corrugamento di fronte e sopracciglio.
Per dirla in soldoni: che il sembiante si atteggi a simile espressione essendo il proprietario del medesimo in coda alle poste, in una calda (e non refrigerata) mattinata d’agosto, durante la settimana di riscossione delle pensioni, diciamolo, ha poco di sorprendente. Il fatto è che cou.cou.ja si scopre a seguire con il dito il profondo canyon che solca in doppia fila la regione glabellare del suo volto nei momenti più disparati, tra cui, a titolo esemplificativo, si segnalano le seguenti contingenze:
1) taglio dell’insalata e/o pelatura delle carote o ortaggi similari;
2) risciacqui del cavo orale a base di collutorio;
3) lunghe e (poiché) rare operazioni di stiramento di biancheria personale e da casa;
e via di seguito.



Una cosa è certa: dopo lustri e lustri di empirica osservazione, cou.cou.ja è in grado di dimostrare che il risultato di tanto indefesso fervore della muscolatura facciale si associa sempre a una qualche attività elucubratoria.
Perché cou.cou.ja pensa, pensa, pensa, pensa, pensa, pensa, pensa. Sempre e, quasi sempre, senza venire a capo dei suoi pensieri. E nondimeno, talvolta, qualche rara, rarissima volta, a furia di tanti spasmodici e irrefrenabili ragionamenti succede che si trovi il bandolo della matassa.
Come dire: cogito, ergo ci-piglio!


Top cotone nero  costumisation

domenica 9 giugno 2013

couture thérapie


Cou.cou.ja è una mamma.
Quanto al genere di genitrice cui ella appartiene, dopo attenta valutazione e argomentazioni varie, è fuor di dubbio che non la si possa ascrivere al tipo “madre-apprensiva-ansiosa-iperprotettiva”: niente di più lontano dalla sua indole e dal suo naturale sentire.
Perché, in effetti, il tipo testé descritto corrisponde al livello 1 di un sistema di riferimento all’interno del quale cou.cou.ja si colloca con baldanzosa fierezza al livello 1000.
Tralasciamo qui il contesto sanitario  sarebbe come sparare alla croce rossa, è il caso di dire , nel quale cou.cou.ja, a suo agio assai più che su una comoda poltrona con seduta e schienale imbottiti di piume d’oca, dà il meglio di sé subissando il misero pargolo, al solo sentire un innocente e neanche troppo convinto etciù, di ripetuti e snervanti interrogativi tesi ad appurare una condizione di salute certamente (e come potrebbe essere altrimenti?) risolvibile con un pronto e tempestivo ricovero ospedaliero, tanto da costringere la sventurata creatura a negare con forza l’evidenza dello starnuto occultandola sapientemente sotto il manto artificioso del “colpo di tosse” (tosse? TOSSE? peggio, stellina mia, peggio; vestiti, su, ché andiamo dal dottore, non possiamo proprio andare avanti così).
Addentriamoci meglio nel dominio comportamentale.
No, no, non citiamo l’orrore espresso a discapito di qualsiasi attività motoria che ardisca spingersi al di là la semplice  e pacata  camminata. Regrediamo. Oltre il principio della deambulazione, anticipato da un incerto gattonamento contrappuntato di frequenti culate cui la madre previdente intendeva ovviare con l’acquisto, e uso s’intende, di un apposito casco di protezione che l’infante avrebbe dovuto tenere giusto il tempo riservato quotidianemente alla locomozione, e cioè a dire l’intera giornata (ma per dormire glielo tolgo, eh!). Oltre le incertezze che hanno costellato la lallazione, sospetta a dire della arguta genitrice cui ora spetta l’obbligo del contrappasso pagato con ore, dico ore, di chiacchiera ininterrotta. Fino alle incertezze gravidiche causate da un eccessivo (questo continuo su e giù lo farà ingarbugliare attorno al cordone ombelicale e ne causerà lo strozzamento, lo so) o ridotto (non si muove! non si muove? perché non si muove? muoviti!) movimento fetale.
Eppure solo recentemente l’espressione somma e antonomastica, la suprema sineddoche del “tipo” ha preso vita.
Un malriuscito salto che, secondo le intenzioni di Toporagno, avrebbe dovuto di lui fare il novello  Patrick de Gayardon, compromesso forse dall’effettiva indisponibilità della tuta alare, forse da un più banale errato calcolo delle distanze non disgiunto dall’ardimentosa ambiziosità del progetto, ha fatto franare la giovane promessa del paracadutismo prima a terra e, di riflesso, sul bordo acuto di una fioriera in pietra. La conseguente lacerazione del cuoio capelluto e relativo spargimento di sangue hanno imposto un immediato trasferimento in ospedale dove madre-coraggio ha dato prova del suo proverbiale autocontrollo collocandosi ad un passo dalla perdita dei sensi al solo udire l’immondo vocabolo “sutura”. Ciò che ha causato la traslazione presso i locali del pronto soccorso nel rispetto della seguente formazione: precedono eroico padre e basito marmocchio saldamente avvinghiato alle braccia del suddetto, seguono, quasi prossima al decesso, madre, vilmente assisa su sedia a rotelle, e infermiera, temporaneamente addetta al di lei trasporto.
Vien da sé che le condizioni di cou.cou.ja la sera del tragico evento, a distanza di qualche ora dalla sciagura, non fossero esattamente paragonabili a quelle di un abitué dei resort a cinque stelle.


Occorreva una terapia d’urto, un rimedio che fosse ancor più efficace delle 50 gocce di estratto di valeriana/passiflora/biancospino tracannate con la stessa avidità con cui l’assetato del deserto beve il suo orcio d’acqua.

  

La couture thérapie ha fatto miracoli: un’essenziale e forse anche un po’ banale t-shirt di cotone, una modesta rielaborazione di alcune illustrazioni di un artista sapiente, qualche quadrato di tessuto colorato, il lirismo struggente di un poeta locale e il gioco è fatto: il cadeau per Super-Mom è pronto.


Con buona pace per le ore di sonno perso e di serenità riconquistata.

… sa luna in mesu chelu tunda / andaiat serèna vagabunda / che femmina chi chircat un’amigu (Antioco Casula  Montanaru)
… la luna rotonda in mezzo al cielo andava serena vagabonda come una donna alla ricerca di un amante (trad. Duilio Caocci)





T-shirt cotone bianco  costumisation (disegno appliqué: Antonello Cuccu)

domenica 5 maggio 2013

rosa? no grazie!


Se è vero, come è vero, che cou.couja ama incondizionatamente i colori  come da dichiarazione d’intenti che campeggia fin dall’apertura delle presenti pagine , è comunque doverosa una limitazione. Ed è quella imposta da un certo tal senso di fastidioso prurito suscitato dall’osservanza pedissequa e passiva di un modello comune universalmente accettato, cioè a dire dalle convenzioni.
Per esempio, il rosa…
Oddio, non che cou.cou.ja si sciolga in deliquio alla sola manifestazione di quella simpatica miscela di rosso e di bianco, che, sebbene tecnicamente appartenente ai toni del rosso (chapeau!), costituisce, a sua opinione, una categoria a parte da impacchettare, nastrare e spedire con biglietto di sola andata nel paese dell’oblio.
E sia pure fatta ammenda per il Rosa shocking, ma che dire delle gradazioni del Rosa caldo, del Rosa profondo, del Rosa vivo, del Rosa scuro e, imperdonabile eresia!, del Rosa antico?
Qualora poi accada l’eventualità nefasta che le anzidette sfumature cromatiche vengano con subdola perfidia sedotte dall’altrettanto subdolo mondo del simbolismo, ci si trova ad accettare, con animo inerme ma non meno sofferente, che il rosa venga associato al sesso femminile. Così si assiste al proliferare di orde scomposte di vocianti bimbette abbigliate con morbidi pagliaccetti rosa, vaporose gonnelle rosa, soffici pullover rosa, evanescenti coprispalla rosa, aderenti leggings rosa, lucidissime scarpine rosa, rosa, rosa, rosa rosa rosarosarosarosa…
E va bene così; tuttavia un pizzico di ribellione, un tantino di insubordinazione, giusto un pelo di “io non ci sto”, almeno per confermare che il sesso debole lo è, certo, ma specialmente quando si tratta di traslocare da un seminterrato al dodicesimo senza ascensore uno Steinway comprensivo di sgabello imbottito.


Cou.cou.ja dice no! Perciò vada pure per il rosa, ma che sia fluo e stemperato da una nota dark che da sola valga a dare un po’ di tono l’altrimenti troppo mellifluo e ottocentesco cinguettare di un passerotto innamorato.






P.S.: non è un pigiama!


T-shirt cotone rosa + leggings cotone nero  costumisation

giovedì 2 maggio 2013

cadeau

Qualche giorno fa une jeune fille presque parisienne ha omaggiato cou.cou.ja di un delizioso e ambito oggetto dei suoi desideri.
Le intenzioni della donatrice, tuttavia, sono state fraintese. E così appena un’occhiata vogliosa e famelica di Toporagno, novello Gollum, è bastata a cou.cou.ja per vedere inevitabilmente e inesorabilmente perduto il tesssssssoro che da mesi svettava in cima alle molteplici wishlist che ella – da tempo impegnata in un’impari lotta contro una delirante forma di selvaggio acquisto ossessivo-compulsivo democraticamente esteso verso ogni qualsivoglia genere editoriale – va disseminando nel meraviglioso mondo dell’e-commerce.


Édouard Manceau, Il mio domino dei colori, Tourbillon, 2011

D’altra parte come non stendere un pietoso manto di clemenza sul pure infame operato del summenzionato, che nel libro-gioco in questione ha visto un ipnotico concentrato dei più reconditi sogni da bambino? Ci si riferisce forse a spiderman? un giovane che si farà, certo, ma ancora deve studiare! o a batman? pfiu, un dilettante! i gormiti? eresia! No, signori miei, niente affatto, qui non parliamo di surrogati ma di veri, autentici, impareggiabili super-eroi: ecco a voi lo schinese (= l’eschimese), il maniranetto (= il marinaretto: ah! irresistibile fascino della metatesi), cappuccetto rosso  presenza invero non esaltante e appena tollerata , ladrino (= ladrone, ma, si sa, la modestia è la virtù dei forti) e ultimo, ma in ordine inverso di importanza… (si sostituisca qui la sospensione con un roboante rullo di tamburi e un altrettanto maschio squillo di trombe) SIGNOR STRADINO.


Sinceramente impressionata da tanta coinvolgente passione, cou.cou.ja ha ceduto: una T-shirt sottratta a una diversa e inopportuna destinazione, qualche ritaglio di tessuto, un frenetico zig-zag: ecco fatto, Toporagno sfoggia un sorriso che pare prodotto da molti più denti di quanti alberghino effettivamente nella sua giovane bocca e cou.cou.ja possiede ora una nuova, efficace e ineguagliabile arma di ricatto.


T-shirt cotone bianco  costumisation

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